Non lo chiamano derby d’Italia ma quella tra Juve e Milan è da più di mezzo secolo la sfida tra due modi di concepire il calcio. L’italianità spiccata dei bianconeri, leaders incontrastati dell’albo d’oro della Serie A, e il respiro internazionale dei rossoneri, primi nella storia del calcio nostrano a vincere un trofeo internazionale ufficiale e, per distacco, la squadra italiana più vincente in campo europeo e mondiale.

Da alcuni anni il fascino di questa sfida si è notevolmente appannato. I casciavit milanesi si sono infilati in un tunnel di cui non sembrano riuscire a vedere la luce dell’uscita. I confronti diretti sono impietosi. Il dominio bianconero è stato a tratti imbarazzante. Unica eccezione la meritata vittoria nella Supercoppa di due anni or sono, giunta comunque solo ai calci di rigore.

La partita di questa sera non ha fatto eccezione, perlomeno nel risultato. La Juventus stanca del dopo-Madrid aveva arrancato contro qualsiasi avversario, appendendosi alle giocate dei singoli per sbrogliare le matasse più complicate. Tuttavia credevo che i bianconeri potessero essere stati rivitalizzati dall’ormai certa conquista del settimo scudetto consecutivo. L’ultimo Milan di Gattuso, di contro, pareva la copia sbiadita di quello tutto corsa e grinta che avevamo potuto ammirare nei mesi di gennaio e febbraio. Non faceva testo, per me, la vittoria rotonda di sabato pomeriggio contro le “macerie dell’Hellas Verona”.

Le mie attese non sono state smentite. Due delle squadre più spompate di questo finale di stagione hanno dato vita ad una partita abbastanza noiosa per quarantacinque minuti. Qualche spunto interessante ma niente di più, complice anche la pioggia e il terreno non in ottime condizioni. Si capiva che, per risolverla, nel secondo tempo ci sarebbe voluto un episodio. E in queste ultime due settimane gli episodi sono soliti girare tutti a favore della Juventus. Appunto. Alla fine gli episodi sono stati ben quattro e sono finiti tutti nella porta del Milan. Non bisogna buttare la croce addosso a Donnarumma. Prima di regalare il raddoppio a Douglas Costa (e il tris a Benatia) Gigione era stato protagonista di due belle parate (una su Dybala, l’altra non ricordo). Il primo vero erroraccio lo ha commesso Alessio Romagnoli che ha completamente perso la marcatura di Benatia, uno di quei difensori che sui calci d’angolo andrebbe marcato appiccicandoglisi con un’imbracatura da alpinista. Di lì è stato tutto in discesa per la Juve. Il Milan ha mollato di schianto. Tre le reti bianconere in appena otto minuti e, a chiudere il cerchio, l’autogol con il quale Nikola Kalinic ha concluso la stagione più fantozziana della sua carriera.

La Juve ha conquistato così la sua quarta Coppa Italia consecutiva. Coppa Italia che va ad aggiungersi ad uno Scudetto cui manca solo la conferma formale. Poteva andare diversamente, soprattutto in campionato. Se nelle ultime due giornate una buona dose di fortuna (autogol, pali e harakiri degli avversari) e qualche clamorosa svista arbitrale non avessero fornito l’abbrivio decisivo ai bianconeri forse saremmo qui a parlar d’altro. E invece è finita sempre nella stessa maniera. La Juventus del tanto criticato Massimiliano Allegri ha sbriciolato un altro record. Riuscirà prima o poi qualcuno ad interrompere questo monopolio? Appuntamento a maggio dell’anno prossimo…