Come riprendersi da una botta del genere? Rituffarsi con entusiasmo in questo progetto di cui solo ieri ho raccontato con orgoglio la Genesi non basterà. Vero, la vita è fatta di tanto altro e le cose importanti sono lontane anni luce da uno sport in cui 22 ragazzi sudati corrono fino allo sfinimento dietro ad un pallone per un’ora e mezza senza che, in un’ora e mezza, questo riesca ad entrare una stramaledetta volta in quella rete.
Ma cosa volete farci? Quando si tratta di passione la razionalità cede il passo. La scala dei valori salta e si obbedisce solo a questa cieca voglia di appendersi a qualcosa che, pur non portandoti alcun beneficio o danno materiale, riesce a donarti gioie e dolori difficilmente misurabili.
Io sono cresciuto avendo la nazionale quale riferimento supremo. Ho sempre (educatamente) detestato quelli che mettono prima la squadra del cuore. Faccio il tifo per un club ovviamente, come quasi tutti voi, che mi ha portato tante gioie (e anche qualche delusione) immense. Eppure quando arriva, un anno sì e un anno no, quell’azzurro a tingere l’inizio dell’estate, non capisco più una beata minchia. Pensare di dover passare quella del 2018 senza sentire l’inno di Mameli riecheggiare, mentre il paese intero si ferma, mi riempie di sconforto. Pensare che quest’anno i colori della bandiera nostra non saranno presenti sul file word in cinque fogli che ogni anno stampo e appendo alla parete della cameretta per portare conto di tutte le partite del mondiale, mi lascia un amaro in bocca che al momento non riesco a mandar via manco col dentifricio e mezzo litro di colluttorio. Una tradizione che porto avanti da Usa ’94 quando, poco più che undicenne (allora mi disegnavo le tabelle a mano), capii quanto fosse bello vedere il proprio paese partecipare con la propria selezione dei giocatori migliori ad un evento che coinvolgeva selezioni provenienti da tutte le parti del mondo. Ricordo il divertimento nello scoprire la Nigeria di Yekini, Okocha ed Amokachi (vittoria 3-0 sulla Bulgaria vista in diretta con papà in salotto alle tre del mattino); ricordo l’ammirazione per la magia di Saeed Al-Owairan contro il Belgio; ricordo i tanti giocatori del campionato italiano che durante l’anno ascoltavo alla radio e guardavo a 90esimo, giocare con le maglie del proprio paese: Klinsmann, Batistuta, Dunga, Völler, Brolin (sì Brolin, la Svezia arrivò terza). Era una magia che, troppo piccolo, con Italia ’90 non avevo ancora compreso. Quest’anno mi avete tolto questa magia.
Abitiamo in un paese che vive da oltre vent’anni una crisi economica, sociale e demografica senza precedenti. A primavera andremo a votare per rimanere ingovernabili per altri cinque anni. Naufraghi alla deriva, appesi a precari pezzi di legno galleggianti per un altro intero lustro. Sarebbero tante le cose per cui disperarci ma oggi io non riesco a non pensare a che estate sarà senza manco tre misere partite del girone. E’ più forte di me. E’ uno scenario del tutto inedito e credo che lo sia anche per voi. Lo scopriremo solo vivendo.
Vi mando un abbraccio sincero.
Buon day after a tutti.