Secondo me il calciomercato dovrebbe durare fino alla metà luglio. Chi è dentro è dentro. Chi è fuori è fuori. E basta. Credete che io stia esagerando?
Può darsi che abbiate ragione.
Però dovreste contemporaneamente spiegarmi cos’abbia di positivo per il mondo del calcio questo estenuante rito estivo che si trascina per due mesi (senza contare il prologo di giugno) sfinendo all’inverosimile giocatori, allenatori e tifosi.
Una rottura di palle (scusate il francesismo) incredibile che serve solo ad infarcire di nulla pagine e pagine di giornali e siti internet sportivi.
Se il calciomercato finisse il 15 luglio eviteremmo questa tortura e, magari, gli organi d’informazione sportiva sarebbero costretti a lavorare per davvero, riempiendo le loro pagine con eventi reali, come le amichevoli pre-campionato.
Magari si riuscirebbe a garantire una maggior copertura anche a quegli sport minori che proprio nel periodo estivo vivono il loro momento più importante dell’anno e che vengono puntualmente oscurati dalle veline dei procuratori o dai pettegolezzi inventati di sana pianta dai self made insider (cazzari in italiano).

Un aspetto non meno trascurabile della vicenda riguarderebbe il campo. Un calciomercato che si chiudesse già il 15 luglio rappresenterebbe un toccasana per l’intero movimento sportivo.
Gli svincolati d’oro avrebbero più “pepe al culo” e la smetterebbero di fare le principessine che aspettano il sultano strapieno di grano che ne chieda la mano.

Gli altri risolverebbero in quattro e quattr’otto le questioni contrattuali che li riguardano e potrebbero concentrarsi di più sul loro mestiere che, gioverebbe ricordarlo, è quello di giocare a calcio. Il fatto che ci siano tanti giocatori che passano più tempo a telefono col commercialista o col procuratore che sul campo ad allenarsi la dice lunga su quanto sia umanamente devastante questo “mercato perpetuo“.
Immaginate, poi, la felicità di un mister che sapesse di poter partire con la squadra al completo per il consueto ritiro estivo. Adesso, invece, molti allenatori arrivano ai primi impegni ufficiali della nuova stagione con un gomitolo ancora tutto da sbrogliare fatto di giocatori che mancano e giocatori che ci sono ma hanno la testa da tutt’altra parte.

E’ come se un cuoco entrasse in cucina all’inizio del turno e, aprendo il frigo, si trovasse privo di alcuni degli ingredienti fondamentali per cucinare i suoi piatti e pieno di altri ingredienti che non sa ancora se e come potrà utilizzare.
E’ davvero questo il modo di valorizzare al meglio il “prodotto calcio”? E’ davvero questo il modo migliore per aiutare le nostre squadre a tornare competitive all’estero? E’ davvero questo il modo migliore di invogliare i nostri figli a seguire anch’essi il nostro sport preferito?
No. Questo è il modo per finire dritti al manicomio.
E probabilmente in un manicomio ci siamo già. E’ solo che, come ogni pazzo che si rispetti, non ce ne rendiamo conto neanche se ce lo dicono gli altri.