E’ il 30 di aprile e per la prima volta da quando è nato questo blog sono stato per oltre un mese senza pubblicare alcun articolo. Non è che il virus mi abbia fatto cadere le mani. E’ che questa situazione mi ha fatto letteralmente cascare le braccia.
Io sono tra quelli che desidera fortemente che questo campionato possa terminare. Lo desidero perché vorrei portare a termine la terza stagione dell’Hyboria League. Lo desidero perché vorrei vedere come si concluderà l’emozionante corsa scudetto tra Juventus e Lazio. Lo desidero perché, l’ho già scritto, sarebbe un segno che le cose stanno davvero tornando alla normalità.
Purtroppo bisogna fare i conti con la realtà. Oggi ci sono stati ancora quasi trecento morti e le prossime settimane saranno cruciali per evitare che la situazione sfugga di nuovo di mano. Il governo ci chiede, a torto o a ragione (non sta a me deciderlo anche se un’idea ce l’ho e la trovate scorrendo qua e là tra i miei twit), di continuare a pazientare, sopportando limitazioni della libertà personale e d’impresa che stanno mettendo a dura prova la tenuta psicologica ed economica di molti di noi.
Io abito a seicento chilometri dai miei genitori, non li vedo da quasi un anno e ancora non so quando e se potrò. Per ora sono bloccato negli spostamenti. Poi magari, quando si potrà tornare a viaggiare, sarò incastrato a lavorare. Sempre ammesso che il lavoro non sfumi visto che sono a tempo determinato e che mi sono rimasti solo 50 giorni di contratto. Lo stesso vale per mia moglie. Ma almeno con i suoi genitori eravamo riusciti a vederci a Capodanno. E le nostre difficoltà familiari sono nulla se paragonate a quelle di chi ha perso i propri cari senza poterli neanche salutare e a quelle di coloro i quali hanno irrimediabilmente perso il reddito e dovranno ripartire da zero. Ammesso che nel frattempo riescano a trovare il modo di mettere qualcosa in pancia.
Vale davvero la pena sbattersi così tanto per rimettere in moto il circo del calcio? Se ai miei figli non è consentito di riabbracciare i propri nonni perché le società di calcio dovrebbero pretendere che ai loro tesserati possa essere consentito di giocare uno sport di squadra e di contatto in giro per tutto il paese? Non nutro particolare simpatia per Vincenzo Spadafora ma come si pretende che, contro il parere del Comitato tecnico scientifico che sta supportando il governo, possa anticipare a cuor leggero le tempistiche di allenamenti di gruppo e partite ufficiali? A me sembra che nella figura del ministro si sia trovato il capro espiatorio perfetto per un disastro latente e che la crisi sanitaria sta solo, repentinamente, accelerando.
La Serie A (con alcuni importanti distinguo fondati sui soliti interessucci di bottega) è sulle barricate. Si sostiene che lo stop definitivo al campionato rischi di far saltare i bilanci di ben la metà delle squadre. Gabriele Gravina, intervistato da Fabio Fazio, ha detto chiaro e tondo che non firmerà per il blocco perché non vuole essere il “becchino” del calcio. Ai mancati incassi degli stadi, già messi in preventivo, si sommerebbero, infatti, anche il mancato introito dell’ultima rata dei diritti televisivi e il definitivo crollo del valore dei cartellini dei propri giocatori (quest’ultimo è un fenomeno che è già in corso). Il danno sarebbe ammonterebbe a ben 800 milioni.
Non per fare il populista, qualifica che non mi si addice, ma affibbiare alle scelte del governo il potenziale crack della baracca è una vera e propria vigliaccata. Le società che rischiano di saltare sono società già malate. Sono anni che vivono in una bolla di sapone cumulando debiti su debiti come se non ci fosse un domani. Debiti che avrebbero fatto saltare il culo di qualsiasi altra azienda normale già da un pezzo. Spese folli per cartellini la cui valutazione superava di svariate volte il valore reale del giocatore e ingenti mazzette ai procuratori per assicurarseli; ingaggi folli con mezze pippe conclamate o vecchi attrezzi sulla strada della pensione pagati fior di quattrini all’anno per scaldare panchine e fare spezzoni di Coppa Italia; tre o quattro allenatori a libro paga contemporaneamente per esoneri che affondano le proprie radici nella mancanza di progettualità e nella sempiterna ricerca del risultato immediato. Il giochino è marcio. Ditemi: quale azienda normale potrebbe tirare avanti con una gestione anche solo lontanamente simile a questa?
La carretta ha continuato a camminare con mille escamotage al limite dell’illegale. Dalle centinaia di plusvalenze irrealistiche agli scambi fittizi di cartellini. E nonostante tutto ciò i conti non tornavano mai comunque. Era evidente che il tappo avrebbe potuto saltare al minimo imprevisto. Ed ecco che Covid è venuto a bussare alla porta.
Cosa fare? Io non lo so. Sono un modesto operaio e non spetta a me trovare soluzioni. E non usate come scudo il feticcio, ripetutamente agitato in questi giorni, dei trecentomila posti di lavoro a rischio perché lo sappiamo benissimo che al 99% di quelle trecentomila persone che ora si vogliono salvare (ma delle quali non è mai fregato nulla a nessuno degli aspiranti salvatori) non arrivavano altro che le briciole di questa immensa torta fatta tutta di panna e senza niente dentro.
Tutti gli altri sport hanno smesso con largo anticipo senza aspettare i diktat del governo. In Francia, Olanda e Belgio anche il calcio ha già chiuso. In Germania e in Inghilterra stanno lavorando duro per poter ripartire ma nessuno sa se davvero ci riusciranno perché, mentre in Bundesliga è quasi certo il ritorno in campo in tempi ragionevoli (anche in virtù di una situazione sanitaria nettamente migliore rispetto a quella degli altri paesi) è notizia di oggi che il restart della Premier League vacilla.
Io spero che il miracolo avvenga e che ci si possa ritrovare il più presto possibile su questo blog a commentare turnover, pagelle e bonus. Ma se ciò non dovesse essere possibile evitate di buttare la croce sulle spalle di Spadafora. Potrà essere anche il più sciagurato dei ministri ma non sono colpa sua né il Covid né i pessimi bilanci delle tantissime società che, tempo appena un paio di mesi, rischiano di saltare per aria. Il calcio che pagherà il conto più salato sarà quello che ha scialacquato fantastiliardi fottendosene dei vivai e della programmazione. Quello degli intrallazzi. Quello del “tanto un modo di cavarsela si trova sempre”. Le responsabilità se le assumano i presidenti e gli a.d. che hanno agito in maniera improvvida e tutti coloro che avrebbero avuto il compito di vigilare in questi anni ma non lo hanno fatto facendosi passare sotto il naso le peggiori nefandezze.